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Architetta con la A: perché in Devoto Design siamo a favore

Architetta o Architetto? Ecco perché l’uso del genere femminile nei nomi delle professioni è grammaticalmente e culturalmente corretto e sarebbe da prediligere anche nelle comunicazioni ufficiali come timbri, firme e biglietti da visita.

Qualche giorno fa molte testate hanno riportato la notizia che è stata approvata la richiesta all’Ordine degli Architetti di Cagliari di una professionista di inserire il timbro con la dicitura “Architetta”. Un piccolo gesto, certo, ma significativo e utile a superare visioni stereotipate delle professioni.

Devoto Design è architetta. Dire architetta è così scontato che non ci facciamo più caso. Nel nostro caso anzi, siamo un’azienda gestionalmente femminile. Da anni sono donne la Responsabile area commerciale e marketing. La responsabile dell’area progetti, la responsabile sviluppo estero, la responsabile area amministrativa. La responsabile area logistica e acquisti nonché sono donne la metà delle figure impiegate nel project management.” 

La parità di genere nel timbro

La parità di genere nella dicitura professionale era già stata approvata e adottata nel 2017 dall’Ordine di Bergamo. L’architetta Silvia Vitali, che aveva sottoposto la richiesta, mirava a mettere fine a una visione sessista. Da allora, diversi Ordini italiani hanno recepito e approvato le richieste del timbro al femminile pervenute da numerose altre professioniste.

Ma è necessario chiedere l’approvazione all’Ordine?

O meglio; non sarebbe preferibile che il timbro venisse emesso in automatico e non previa richiesta? In attesa che ciò avvenga al più presto, ne approfittiamo per fare chiarezza sulle più diffuse obiezioni alla declinazione al femminile del sostantivo “Architetto” partendo da una constatazione di natura prettamente linguistica…

Scrivere Architetta è corretto? Sì.

La lingua italiana prevede la declinazione di sostantivi e aggettivi nel genere maschile o femminile. Tuttavia non esiste una motivazione per cui alcuni oggetti come il tavolo – ad esempio – siano di genere maschile e altri, come la sedia, siano di genere femminile. Tale distinzione – chiaramente – non rende l’italiano di per sé una lingua sessista. Pertanto anche se alcune parole erano un tempo solo maschili perché indicavano mestieri svolti esclusivamente da uomini, la lingua italiana ha già in sé le regole per creare le declinazioni al femminile.

La lingua permette di declinare i nomi

L’Accademia della Crusca, nel volume “La Crusca Risponde” nel 2013, aveva già ribadito l’opportunità di usare il genere femminile sia per indicare ruoli istituzionali che professioni. Com’è il caso, ad esempio deal termine “Ministra”, ampiamente utilizzato. D’altra parte, basta scorrere velocemente l’elenco delle professioni per constatare che esistono nomi femminili delle professioni: “Maestra”, “Infermiera”, “Sarta”… solo per citarne alcuni. Il termine “Architetta”, invece, risulta “nuovo” poiché, storicamente, l’accesso alla professione da parte delle donne è più recente. Basti pensare che in Italia la prima laureata in architettura è stata la Dottoressa Elena Luzzatto nel 1925.

“La lingua non è un’entità immobile come d’altra parte neanche la nostra società… il segreto, quindi, è nell’accettare i cambiamenti.”

Perché Architetta al femminile non suonerebbe bene?

Una obiezione che viene fatta spesso, è quella relativa a una presunta “cacofonia” del termine. Il nome al femminile “suonerebbe male” insomma. Come si può constatare – anche in questo caso – subentrano elementi relativi alla cultura e alle consuetudini e non certo alla lingua visto che già si utilizzano abitualmente – ad esempio – sia “Professoressa” che “Professore”.

Usare “Architetta” è sessista?

Una ulteriore obiezioni sull’utilizzo del termine al femminile è per via di una sua presunta scarsa efficacia e utilità. Diverse professioniste donne, infatti, sarebbero talmente abituate a essere chiamate con il titolo al maschile, che tendono ad associare all’utilizzo convenzionale del genere una maggiore “autorevolezza”, dovuta – di fatto, anche in questo caso – a una consuetudine.

Un’ultima considerazione, per chi preferirebbe non utilizzare la denominazione al femminile, è che questa – paradossalmente – potrebbe risultare ancora più sessista dell’utilizzo del termine maschile giudicato “omnicomprensivo”. “Architetta” potrebbe generare – seppur involontariamente – discriminazioni.

Promuovere il cambiamento

In Devoto Design siamo da sempre a favore della dicitura femminile nelle denominazioni professionali. Per questo invitiamo le colleghe professioniste del settore che lo ritengano opportuno a continuare a richiedere il timbro ai rispettivi Ordini e a sollecitare l’attenzione dei media al momento della richiesta.

UNA CURIOSITÀ: nella scrittura di questo post la redattrice ha provato diversi software di scrittura ma, in tutti, la parola “Architetta” è ancora segnalata come errore.

Le parole contengono significati stratificati nel corso degli anni ma la lingua è – allo stesso tempo – “viva” e mutevole e se utilizzata nel lessico comune, una nuova parola ha il potere di acquisire nuove sfumature di significato,  pertanto:

“Architetta”: sostantivo femminile singolare di “architetto”.

Tutte le citazioni presenti nell’articolo sono di Marianna Devoto, Sales Director e Architetta. 

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